Circolare Rete Quarrata Gennaio 2011
Alcuni capannoni ormai in disuso di un vecchio centro fieristico ospitano quest'anno l'ottavo e ultimo incontro del Presidente Lula, ormai alla fine del suo secondo mandato, con il popolo della strada, con coloro che hanno dato vita al Movimento Nazionale dei raccoglitori di strada.
Oggi questo movimento diventato internazionale, erano presenti delegazioni dal Cile, Costa Rica, Colombia, Argentina, Africa del Sud, Bolivia ecc., rappresenta una realtà nel pianeta del riciclaggio.
Per l'occasione sono stati organizzati vari stand dalle cooperative di produzione di nuovi materiali e usi derivanti dalla plastica, carta, ferro, alluminio ecc.
In ogni stand uno schermo televisivo illustrava i vari passaggi di trasformazione delle materie prime raccolte al nuovo prodotto finito.
Mi ha colpito profondamente una cooperativa Coopcent ABC di Diadema, comune della grande San Paolo, un milione di abitanti. Dove 200 raccoglitori di bottiglie di plastica, con una semplice tecnologia producono corde di plastica di varie dimensioni e lunghezze. Le bottiglie, una volta lavate, vengono inserite in uno stampo dopo che gli è stata tolta la base. Una lama le taglia a secondo della grandezza che deve essere fatta la corda. Vengono così create grandi matasse di filo. Il passaggio conseguente è comporre la corda attraverso un orditoio dove due, tre, quattro, cinque e più matasse vengono inserite e indirizzate verso un macchinario che avvolge i fili l'uno con l'altro creando corde resistentissime di varie dimensioni.
Una cosa in particolare mi ha colpito durante la conversazione con Leuci, responsabile della cooperativa, quando mi ha detto che il materiale che loro raccolgono pur essendo molto, non è sufficiente per soddisfare gli ordini di corde. Leuci, dati alla mano, stimava che nella grande San Paolo quotidianamente si gettano dai tre ai quattro milioni di bottiglie di plastica. Una vera ricchezza. La stragrande maggioranza di queste bottiglie non è riciclata, ma trattata come spazzatura. Amareggiata constatava come questa ricchezza non può essere utilizzata da loro come materia prima, non essendoci ancora una serie cultura del riciclaggio. Continuando la conversazione nell'attesa dei due presidenti, Lula e la nuova presidente Dilma Rousseff, avendo Leuci compreso dalla pronuncia del mio maccheronico portoghese che ero italiano, mi ha detto: sarebbe molto utile e bello se qualche migliaia di raccoglitori potessero venire da voi a Napoli a pulire la città, mettendo a disposizione la nostra sperimentata professionalità. Ho subito sorriso, ma un attimo dopo, continuando la conversazione, ho capito quanto la sua proposta fosse seria. Una provocazione che non riesco a togliere dalla mia mente. Una proposta apparentemente impossibile a realizzarsi, ma che mi ha provocato moltissime domande.
Perché non siamo in grado di dare agli impoveriti il ruolo di protagonisti nel processo di recupero ed emancipazione.
Perché non promuovere i programmi di rispetto e di integrazione degli impoveriti con la natura.
Perché non coinvolgere il potere pubblico, politicizzando la questione della miseria e dell'esclusione.
Perché non rapportarsi persone e gruppi, soprattutto come partner di un progetto comune di famiglia umana.
Perché non collegarsi ad altri movimenti locali e globali per aggiungere forza e pressione di cambiamento sociale-politico che sia continuo e sostenibile.
L'arrivo di Lula e Dilma ha fatto esplodere il capannone fieristico dove 2000 tra uomini, donne, bambini e anziani li stavano aspettando. Così è iniziata la loro festa. Si sono esibiti in canti, balli, drammatizzazioni e interventi dei loro due rappresentati nazionali. Due donne, Matilde, raccoglitrice e Maria Lucia ex-abitante della strada hanno esposto i problemi del movimento nazionale dei raccoglitori di materiali riciclabili e del movimento degli abitanti della strada.
Lula ha presentato Dilma al movimento. Lei ha promesso che il lavoro iniziato da Lula, lo continuerà attraverso il lavoro quotidiano a cui vengono chiamati i vari ministeri per affrontare e risolvere i loro problemi. Ha concluso dando appuntamento al prossimo 23 dicembre 2011.
Lula ha iniziato a scaldare il cuore della sua gente. Esco dal governo per tornare alla vita della strada. Sono sempre stato un uomo del popolo, adesso sono più popolo di prima. lo continuerò sempre nella lotta. Non domandatemi niente sul mio futuro, perché grazie a voi ho avuto un grande presente. Sono certo che Dilma vi appoggerà in ogni momento. Abbiamo governato bene perché abbiamo governato pensando a tutti i brasiliani. Abbiamo avuto una grande attenzione per i più poveri. Se ho governato bene, è stato perché prima di sentirmi capo di stato, mi sono sempre sentito un capo famiglia che sa delle difficoltà dei suoi fratelli a collocare il mangiare ogni giorno sulla tavola. Ha terminato dicendo, dove c’è un padre e una madre senza speranza chiedo che ricordandomi, tragga un poco di conforto. Ha concluso invitandosi come semplice cittadino a partecipare all'incontro del 2011.
Condividendo questi momenti comprendi che non siamo più abituati alla condivisione dell'intimità.
Nella frenesia quotidiana abbiamo perso l'abitudine a fermarci, riflettere, parlare. Non sappiamo più accontentarci di ascoltare le parole delle persone che amiamo e di gioire di questo, della loro presenza.
Il tempo dell'attesa sembra interminabile come se il semplice fatto di essere li accanto alle persone che amiamo, fosse del "tempo perso". Ascolto quanti dicono di "odiare le feste" e di attendere con ansia il momento in cui tutto ricomincia come prima. È proprio quando riusciamo a fermarci che ciò accade. Le nostre emozioni represse riemergono, i dubbi affiorane e con i dubbi la possibilità di riflettere su ciò che si è, su quello che si desidera. Perché il desiderio quello che ci permette di costruire un progetto di vita, di incontrare o riscoprire l'altro, nasce dalla mancanza, da quel vuoto che abbiamo dentro. Vuoto che ci porta a desiderare di possedere ciò che non si ha. Ma per capire cosa ci manca, è necessario fermarsi un po', ascoltarsi, talvolta anche annoiarsi.
Quando si è piccoli, si impara a giocare e a sviluppare la propria creatività per sfuggire alla noia.
Oggi tutto è programmato, previsto, sotto controllo. Sempre più indaffarati e pronti a riempire gli spazi vuoti non abbiamo spesso più la capacità di accettarci e di scoprirci. Lasciare lo spazio e il tempo entrare dentro di noi è certamente una risposta.
Il popolo della strada è un popolo che ama la vita, che chiede vita.
Ad ognuno di noi è data la potenzialità di piccole cose che possono cambiare, se fatte insieme ad altri, noi e il mondo.
Questa è la risposta e l'invito di questo meraviglioso 23 dicembre 2010 a San Paolo.
Antonio